Con due recenti pareri del 21.06.2024 (codici identificativi nn. 2713 e 2714), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (“MIT”), nel confermare quanto già precisato dall’Anac nella Nota illustrativa relativa al bando tipo n. 1/2023, ha chiarito che ai sensi del dell’art. 120, comma 9 del D.lgs. 36/2023, l’istituto del c.d. quinto d’obbligo non è più suscettibile di essere considerato quale mera modalità esecutiva delle varianti in corso d’opera derivanti da eventi imprevisti e imprevedibili (art. 120, comma 1, lett. c), ma costituisce una fattispecie autonoma di variante, rectius,una tipizzazione delle clausole di opzione previste nel bando di cui al comma 1, lett. a) del citato art. 120.
A tale conclusione sia l’Anac che il MIT giungono in ragione della circostanza che il citato comma 9 dell’art. 120 del nuovo Codice, in maniera innovativa rispetto alla previgente disciplina, richiede quale condicio sine qua non dell’esercizio del diritto potestativo di modifica entro il quinto da parte della P.A., la necessaria espressa previsione nel bando di gara.
Ne deriva, evidentemente, non solo la suddetta natura di variante autonoma attivabile a prescindere dal ricorrere di circostanze impreviste e imprevedibili, ma anche la rilevanza dell’eventuale aumento del quinto ai fini del calcolo dell’importo globale dell’appalto e, dunque, ai fini della determinazione delle soglie eurounitarie.
Il MIT, con i suddetti pareri, conferma, quindi, che con l’entrata in vigore del nuovo Codice, non può più trovare cittadinanza l’interpretazione espressa dall’Anac sotto la vigenza del D.lgs. 50/2016 (comunicato del Presidente del 23.03.2021) secondo cui il quinto d’obbligo si risolve in una mera modalità esecutiva di attuazione delle varianti in corso d’opera di cui al comma 1, lett. c) e al comma 2 dell’art. 106 previgente ossia, rispettivamente, delle varianti generate da cause impreviste e imprevedibili e delle varianti sotto il 10% e il 15% relative ai contratti sottosoglia di servizi e di lavori.
Pertanto, può dirsi ormai superato il dibattito – non meramente accademico, ma, al contrario, evidentemente foriero di risvolti operativi – sorto nella vigenza del “vecchio” Codice in ordine alla natura giuridica del c.d. quinto d’obbligo tra l’Anac che, come detto, qualificava tale istituto come una modalità di esecuzione delle varianti in corso d’opera e la giurisprudenza amministrativa prevalente (TAR Lazio-Roma, Sezione III-quater, 15.12.2020, n. 13539; TAR Campania-Napoli, Sezione V, 27.11.2020, n. 5595) che, invece, considerava tale facoltà come fattispecie autonoma, esercitabile anche a prescindere dal ricorrere dei presupposti per le varianti in corso d’opera.