Sul numero di Italia Oggi l’intervista del giornalista Antonio Ranalli al Prof. Avv. Fabio G. Angelini sulle implicazioni sociali della A.I.
““È reale il rischio di una progressiva perdita della centralità del lavoro umano nell’ambito del nostro modello di sviluppo, con conseguenze sociali e politiche tutte da esplorare. Una crescente competizione tra uomo e macchine, dando luogo a nuove disuguaglianze tra chi sarà in grado di governare l’IA e di appropriarsi dei sui benefici sul piano della produttività e coloro che invece ne subiranno la concorrenza spietata, si tradurrebbe in una nuova conflittualità sociale non diversa da quella alimentata dalla contrapposizione tra capitale e lavoro. Serve una nuova sintesi capace di attualizzare la lezione del secolo scorso alla luce delle implicazioni dell’innovazione tecnologica su quelle dinamiche politiche, economiche e sociali su cui si regge il nostro capitalismo democratico. Occorre un framework giuridico condiviso in grado di preservare gli aspetti fondamentali su cui si regge il capitalismo democratico, come la tutela dei diritti fondamentali, la separazione dei poteri e, come ci insegnano i due Nobel per l’economia Daron Acemoglu e James A. Robinson, la preservazione di un assetto istituzionale inclusivo. Solo l’UE, proseguendo il cammino già avviato con il GDPR, il Digital Service Act e il Digital Market Act, ha sin qui avuto l’ambizione di disciplinare lo sviluppo dell’IA secondo un approccio rights-driven che affonda le sue radici nel nostro assetto costituzionale, aprendo a nuove modalità e nuovi strumenti di regolazione dell’economia. Come esperti del settore, il nostro compito è perciò quello di aiutare i Board delle imprese impegnate nella transizione digitale a metabolizzare questo nuovo approccio rights-driven destinato a cambiare le nostre dinamiche economiche e istituzionali, affinché questo paradigma possa diventare parte integrante delle loro strategie ESG e di risk management. Per vincere la sfida globale, come auspicato da Draghi, l’UE deve infatti dimostrare che innovazione e regolazione non sono in antitesi ma che possono convivere virtuosamente nella prospettiva di un’economia sociale di mercato.”