Il dibattito sulla giusta remunerazione per le prestazioni professionali a seguito delle novità introdotte dalla l. 49/2023 sull’equo compenso, è un’ulteriore occasione per riflettere sulla funzione costituzionale della #concorrenza e sugli effetti distorsivi di un approccio esclusivamente economicistico, specie in settori dove sono in gioco alcuni valori di fondo del nostro assetto democratico-costituzionale, dal diritto di difesa, al diritto alla salute, fino alla libertà di informazione.
‘In un Paese caratterizzato da un eccesso di rendite di posizione e da processi decisionali spesso ostaggio degli interessi di parte, ritengo che la concorrenza sia uno strumento essenziale per far emergere le competenze e favorire il ricambio generazionale necessario per accrescere il livello qualitativo della #avvocatura. Occorre però guardare la questione con equilibrio e, soprattutto, intendersi su quale ‘concorrenza’ sia auspicabile realizzare, nella consapevolezza che, se intesa in senso meramente economicistico (quale mezzo per ridurre le tariffe professionali) piuttosto che quale strumento di cooperazione (secondo in suo significato etimologico ‘cum-petere’) teso a far crescere l’avvocatura nel suo complesso attraverso il processo concorrenziale, può paradossalmente condurre anche ad esiti che sono l’opposto di quelli auspicati, producendo nuove forme di concentrazione e riducendo la qualità dei servizi professionali.
I processi di liberalizzazione, dal Decreto Bersani in poi, e le dinamiche competitive che hanno ridisegnato, almeno nel campo dell’avvocatura d’affari, il volto della professione e le sue modalità organizzative, hanno svolto una funzione essenziale. Ma, almeno con riferimento all’abolizione delle tariffe minime, hanno dato luogo ad esiti non necessariamente in linea con gli obiettivi auspicati. Si è data cioè troppa enfasi alla funzione economica della concorrenza a discapito del riconoscimento della sua funzione costituzionale e, dunque, del contributo che l’avvocatura offre, oltre che rispetto all’esercizio del diritto di difesa, in relazione al corretto funzionamento delle dinamiche democratiche, economiche e sociali in attuazione dei valori costituzionali.
La legge sull’equo compenso realizza perciò una doverosa correzione di rotta che spero potrà condurre nei prossimi anni ad una nuova presa di coscienza sul ruolo costituzionale dell’avvocatura e sulla necessità di tutelarne la funzione, anche ridefinendone i confini, quale parte degli ingranaggi fondamentali per la crescita del Paese.
